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giovedì 3 gennaio 2008

L'oro di Napoli




di Nicola Porro


Ogni napoletano produce 480 chili di spazzatura all’anno, meno della media italiana, che è di 540 chili. Il loro smaltimento è un disastro per la città e per i conti degli italiani. Potrebbe essere l’oro di Napoli. A Venezia in meno di un anno, a pochi chilometri dal campanile di San Marco, è stato costruito da una ditta italiana, un impianto che gestisce rifiuti identici a quelli partenopei. È costato meno di cento milioni, ci lavorano trenta persone e già da quest’anno sarà in attivo. In Germania, dove i treni portano parte della monnezza napoletana, una ditta tedesca si fa pagare più di 200 euro a tonnellata: e il suo conto economico gira bene. A Brescia, a due passi dal centro, utilizzano i rifiuti per fare acqua calda e riscaldamento per tutta la città.È da quindici anni che i rifiuti sono un’emergenza a Napoli: si calcola che i costi speciali che i contribuenti hanno dovuto sopportare siano due miliardi di euro. Napoli e i suoi rifiuti sublimano quattro vizi della politica all’italiana.
1. L’amministrazione pubblica è incapace di assolvere alle sue funzioni essenziali. Si occupa di migliaia di piccole cosucce di bottega, ma non riesce ad affrontare i suoi compiti essenziali: garantire la salute e il decoro della res publica.
2. La rinascita campana è stata un’ecoballa. La giunta Bassolino, specialista nell’emettere bond locali, consegna una regione e soprattutto una città da vergognarsi. È uno di quei casi in cui i cittadini pagano sulla propria pelle amministrazioni sciagurate.
3. Il governo centrale ha un atteggiamento schizofrenico. Alle Regioni che hanno sforato i propri bilanci sanitari ha imposto di aumentare le tasse locali (portando l’Irap alle stelle). I rifiuti della Campania hanno invece uno Statuto speciale: l’esecutivo ha alzato le tasse sulla monnezza in tutta Italia tranne che a Napoli, al grido: «Non possiamo penalizzare ancora i cittadini del golfo». Bene. Penalizziamo però tutti gli italiani, per le manifeste incapacità degli amministratori partenopei.
4. Non si può continuare con l’Italia dei veti. I termovalorizzatori si fanno. Punto e basta. Il governo decida e poi si proceda. A Venezia ci hanno messo meno di un anno.

Tratto da: “il Giornale”, 3/1/2008

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