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giovedì 25 aprile 2013

25 APRILE - Liberiamoci dal passato e guardiamo al futuro!




Si parla tanto di futuro e di sviluppo, ma se vogliamo veramente guardare al futuro bisognerebbe avere il coraggio di dire che il 25 aprile è oramai una ricorrenza che odora di "vecchio"

Nel dire ciò – sia ben chiaro - non è mia intenzione mettere in discussione il significato della “resistenza”, né alimentare proseliti di “cameratismo” o "post fascismo"; e, sia chiaro ancora, che la Libertà, per me, ha un significato talmente importante, da rendere quasi impronunciabile la medesima parola ed il medesimo significato, che nessuna ideologia può mai permettersi di sminuire o sottomettere. (E confesso che, se non avvertissi ancora oggi l’esigenza di lottare per la libertà, anche in sede locale, avrei già abbandonato questa politicuccia di basso profilo che spesso caratterizza anche i dibattiti locali). 

Detto ciò, non si può negare che parlare del 25 Aprile è sempre un colpo all’anima,  e non per la considerazione che ho della festa in sé, ma per le quotidiane e sterili polemiche che vi sguazzano intorno. Lo spettacolo è sempre lo stesso: da un lato i sostenitori del tutto-è-perfetto, e dall’altro i critici del va-sempre-male. Atteggiamenti che ogni buon cittadino non dovrebbe solo ignorare, ma anche ripudiare. 

Perché, è vero sì, che ogni lato della barricata ha le proprie ragioni, è inutile negarlo. È vero che a gridare la parola “Libertà” furono i giovani partigiani (si badi bene, i partigiani veri, non quelli che Sciascia definiva “eroi della sesta giornata di Milano”) , ed è verissimo che gli unici a credere in una Nazione martoriata furono i giovanotti della Repubblica di Salo’. Ma è anche vero che queste cose appartengono al passato, e che erigersi sulla cima di una montagna non fa bene a nessuno. Anche perché, così facendo, il risultato è uno solo: si trasforma il 25 Aprile in una festa dal sapore ed odore di “vecchio”.

In Germania, il Nazismo ha prodotto molte più ferite del Fascismo, così come il comunismo sovietico, che ha oramai caratterizzato addirittura il “modus operandi” di alcune città tedesche: si dice che Berlino, spesso si mostra ancora oggi divisa nonostante il fatidico “muro” non ci sia più. Tuttavia, loro sono andati oltre. Seppur si evidenzierà sicuramente qualche nostalgico del tempo che fù,, non sono stati lì per 40 anni a discutere sulla caduta del nazismo o, altri 20 anni, a parlare sulla caduta del muro di Berlino

In Italia, invece, dopo 60 anni, ogni 25 aprile, stiamo ancora a parlare di “Bella Ciao” e di “faccetta nera”. Il risultato quale è? .......è che la Germania è il primo paese dell’Europa e aspira a primati internazionali. L’Italia, invece, è una ruota di scorta “azzoppata”, persa tra un “bella ciao” e un “faccetta nera”


ANTONIO SICIGNANO