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mercoledì 14 aprile 2010

VI Anniversario della morte di Quattrocchi. Sicignano (Cdl) scrive a Bobbio:”dedichiamogli una strada”


Sicignano (Cdl): « non c’è nulla di ideologico, avendo chiarito, oramai, qualora ce ne fosse ancora bisogno, la Magistratura Competente (cfr. Procura di Genova – richiesta di archiviazione dell’ottobre 2009), che “Quattrocchi non era un mercenario ma un bodyguard”»

CASTELLAMMARE DI STABIA. Era il 14 aprile 2004 quando il giovane italiano, Fabrizio Quattrocchi, dopo essere stato rapito in Iraq, fu ucciso da alcuni terroristi del gruppo "Falangi Verdi di Maometto". All’atto della morte Quattrocchi sfidò i terroristi pronunciando la celebre frase: "Adesso vi faccio vedere come muore un italiano". Per ciò, con decreto del 13 marzo 2006, il Capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi conferì a Fabrizio Quattrocchi la medaglia d'oro al valor civile perché “con eccezionale coraggio ed esemplare amor di Patria, affrontava la barbara esecuzione, tenendo alto il prestigio e l'onore del suo Paese”.

Nel sesto anniversario della sua morte, nella città delle acque, continuano le richieste affinché venga dedicata una strada pubbliche all’eroe italiano. Per l’occasione il neoconsigliere comunale del Cdl Antonio Sicignano, candidato alle scorse amministrative alla carica di sindaco, ha indirizzato una lettera al neosindaco della città delle acque Luigi Bobbio.

«Oggi, 14 aprile 2010 – ha scritto Sicignano - nel giorno del sesto anniversario della sua morte ritengo doveroso che anche le più alte Istituzioni della città di Castellammare condividano una mia battaglia, che porto avanti da tempo, e tributino finalmente al ricordo di Quattrocchi una strada cittadina. Ed infatti – aggiunge - nei mesi scorsi, come CDL STABIESE, siamo scesi in piazza, più volte, al fine di raccogliere firme per una petizione da indirizzare all’amministrazione comunale stabiese, avente come oggetto la richiesta citata.

Ebbene – continua - fu un successo inaspettato, che non fa altre che dimostrare il grande attaccamento ed interesse dei nostri concittadini verso la storia di questo nostro grande concittadino, che ha esaltato i valori di amor patrio e di attaccamento alle istituzioni».

Conclude Sicignano: «sia ben chiaro, non c’è nulla di ideologico, avendo chiarito, oramai, qualora ce ne fosse ancora bisogno, la Magistratura Competente (cfr. Procura di Genova – richiesta di archiviazione dell’ottobre 2009), che “Quattrocchi non era un mercenario ma un bodyguard”. La memoria di Fabrizio Quattrocchi – conclude -ha già subito troppi torti a causa delle ideologie politiche e dedicare una strada a lui non significa offendere nessun altro nostro eroe, morto anch’egli per difendere la nostra patria».

mercoledì 14 ottobre 2009

I PM di Genova: “Quattrocchi non era un mercenario”. A Castellammare riparte la raccolta firme per intitolargli una strada cittadina


Sicignano (Cdl): “Ora la sinistra la smetta di essere anti-italiana e si accodi alla nostra iniziativa, finalizzata ad intitolare una strada cittadina ad un eroe di tutta l’Italia, come Fabrizio Quattrocchi.”

CASTELLAMMARE DI STABIA. La procura di Genova chiede l’archiviazione per i reclutatori di Fabrizio Quattrocchi, sostenendo che Quattrocchi non era un mercenario ma un bodyguard e a Castellammare riprende vigore la proposta di intitolare una strada cittadina al giovane italiano, che il 14 aprile 2004, dopo essere stato rapito in Iraq, fu ucciso da alcuni terroristi del gruppo "Falangi Verdi di Maometto”. Ad annunciarlo Salvatore Massa, presidente del Comitato “Una raccolta di firme per intitolare una strada a Fabrizio Quattrocchi”.
«Apprendo questa notizia con grande entusiasmo – spiega Massa – anche se io personalmente non avevo alcun dubbio sul valore di Quattrocchi, che è un vero eroe nazionale. Ora comunque spero che questa nuova vicenda possa finalmente sgombrare il campo da ogni dubbio ed impedimento alla nostra iniziativa. A Castellammare abbiamo già raccolto oltre mille firme, la città vuole onorare questo grande eroe ed annuncio che, nei prossimi giorni, riprenderemo la raccolta firme».
Dello stesso avviso Massimiliano Zurlo, responsabile dei giovani del Cdl stabiese. «Da quando abbiamo iniziato la raccolta firme a Castellammare abbiamo subito tanti attacchi da parte di una parte della sinistra estrema. Quattrocchi ha onorato l’Italia nel momento in cui, all’atto della morte, ha sfidato i suoi aguzzini, onorando il suo paese. E’ giusto che ogni città lo ricordi con una strada».
Concorde anche Antonio Sicignano, vicepresidente dei Circoli della Libertà della Campania. «Ora la sinistra la smetta di essere anti-italiana e si accodi alla nostra iniziativa, finalizzata ad onorare un eroe di tutta l’Italia, come Fabrizio Quattrocchi. Quando depositeremo la raccolta firme in comune, inviterò in città anche Graziella Quattrocchi, sorella di Fabrizio, e gli ex ostaggi italiani, che hanno condiviso la prigionia con Fabrizio Quattrocchi, ovvero Maurizio Agliana, Salvatore Stefio e Umberto Cupertino»

«Non è stato un mercenario» I pm riabilitano Quattrocchi



La Digos: gli 007 sapevano in anticipo del sequestro


GENOVA - È a un passo dall’archivia­zione l’inchiesta aperta a Genova nel 2004, dopo la morte di Fabrizio Quattroc­chi in Iraq, per arruolamento illegale al­l’estero. Il pubblico ministero Francesca Nanni ha chiesto l’archiviazione delle ac­cuse contro Paolo Simeone e la sua ex col­lega, Valeria Castellani, indagati in base al­l’articolo 288 del codice penale che appun­to punisce «l’arruolamento o l’armamen­to non autorizzato al servizio di Stato este­ro ». Paolo Simeone, ex lagunare e ex vo­lontario dell’organizzazione non governa­tiva Intersos, è l’uomo che avrebbe contat­tato per la missione in Iraq Fabrizio Quat­trocchi, poi ucciso dalle «Brigate Verdi». Ma il punto su cui la Procura ha cercato in questi anni di far luce non è il contatto tra Simeone e la squadra di Quattrocchi (ab­bastanza scontato), è invece la caratteristi­ca di quell’arruolamento: si può configu­rare come un’attività da mercenari?
Quattrocchi e gli altri tre italiani seque­strati il 12 aprile 2004 in Iraq, Maurizio Agliana, Salvatore Stefio e Umberto Cuper­tino, svolgevano, hanno affermato i super­stiti, attività di security: non azioni di guerra ma sicurezza personale. Non mer­cenari ma bodyguard. Il servizio, hanno detto, si svolgeva all’interno dell’albergo Babylon o come guardie del corpo nelle trasferte. Per definire i mercenari, soldati senza divisa al soldo di uno Stato estero, la legge italiana indica alcuni requisiti, co­me, ad esempio, quello di partecipare a «incursioni dirette a mutare l’ordine costi­tuzionale di un Paese». Il confine è quello fra la guerra, o la guerriglia, e la security.
La richiesta di archiviazione della Pro­cura genovese propende evidentemente per la seconda ipotesi. La decisione, ora, spetta al gip: può accogliere e archiviare come richiesto o rimandare al pm le carte. L’esito non è scontato. A Bari è in corso un processo contro Salvatore Stefio, rapi­to con Quattrocchi, e Giampiero Spinelli proprio in base all’articolo 288 del codice penale. La materia è controversa e soprat­tutto non esistono precedenti cui fare rife­rimento.
Le terribili circostanze della morte di Quattrocchi (che disse «Vi faccio vedere come muore un italiano» ai suoi carnefi­ci) sono destinate a far discutere ancora. Anche perché nelle carte della Procura di Genova è contenuto un documento che pone alcuni interrogativi. È un rapporto della Digos che documenta come due gior­ni prima del rapimento avvenuto il 12 aprile un agente del Sisde abbia telefona­to a un dirigente della Digos parlando di due genovesi rapiti in Iraq e chiedendo in­formazioni su Quattrocchi e Luigi Valle. Valle, amico di Quattrocchi, in quei giorni si trovava a Genova, circostanza che la Digos appurò subito. Nella telefonata del­l’agente dei servizi — avvenuta il 10 apri­le mentre il dirigente della Digos era di servizio allo stadio di Marassi — si faceva riferimento anche all’Isba, (Investigazio­ni, bonifica, servizi di sicurezza e allar­mi), una delle società con sede a Genova per cui aveva lavorato Quattrocchi. Diver­si elementi, non solo il nome di Quattroc­chi, ma anche della società Isba, vengono segnalati due giorni prima che il rapimen­to abbia luogo. Dopo il sequestro la Digos fa un rapporto sulla telefonata e la cosa ri­mane agli atti. La sera del 10 aprile la noti­zia che «un genovese» era stato sequestra­to in Iraq circolò confusamente nelle reda­zioni locali, senza trovare conferma. Un lancio dell’agenzia «Reute» aveva parlato di «quattro italiani» rapiti ma come il cer­chio si sia poi stretto sulla città di Genova e sul nome di Quattrocchi — che verrà ef­fettivamente sequestrato due giorni dopo e ucciso con un colpo di pistola alla testa — rimane un mistero.

Erika Dellacasa
14 ottobre 2009
Tratto da:

domenica 26 aprile 2009

Grande partecipazione alla raccolta di firme per dedicare una strada della città a Fabrizio Quattrocchi



Sicignano (Cdl): «Nei giorni scorsi ho sentito telefonicamente Maurizio Agliana, uno degli ostaggi italiani che ha condiviso la prigionia con Quattrocchi. Mi ha promesso che quando depositeremo le firme in Comune potrebbe venire anche lui. Ho sentito per email anche Graziella Quattrocchi, sorella di Fabrizio, la quale mi ha chiesto di essere informata sugli esiti».

CASTELLAMMARE DI STABIA. Grande partecipazione alla raccolta di firme, promossa dai giovani del Circolo della Libertà di Castellammare di Stabia, con lo scopo di dedicare una strada della città a Fabrizio Quattrocchi. Era il 14 aprile 2004 quando il giovane italiano dopo essere stato rapito in Iraq fu ucciso da alcuni terroristi del gruppo "Falangi Verdi di Maometto". All’atto della morte Quattrocchi sfidò i terroristi pronunciando la seguente frase: "Adesso vi faccio vedere come muore un italiano". Per questo, con decreto del 13 marzo 2006, il Capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi conferì a Fabrizio Quattrocchi la medaglia d'oro al valor civile perché “con eccezionale coraggio ed esemplare amor di Patria, affrontava la barbara esecuzione, tenendo alto il prestigio e l'onore del suo Paese”.
«Il nostro – spiega Massimiliano Zurlo, responsabile del movimento giovanile – è l’ennesimo impegno coerente con i valori della libertà e del’amor patrio. Siamo contenti che, al di là delle strumentalizzazioni, Castellammare ha capito che Quattrocchi è stato un vero eroe che va ricordato con una strada cittadina. Ho visto molti giovani che firmavano, ciò è un fatto positivo che mi riempie di orgoglio».
Soddisfatto anche Antonio Sicignano, vicepresidente dei Circoli della Libertà della Campania e presidente del circolo stabiese. «Nei giorni scorsi ho sentito telefonicamente Maurizio Agliana, uno degli ostaggi italiani che ha condiviso la prigionia con Quattrocchi. Mi ha promesso – aggiunge - che quando depositeremo le firme in Comune potrebbe venire anche lui. Ho sentito per email anche Graziella Quattrocchi, sorella di Fabrizio, la quale mi ha chiesto di essere informata sugli esiti. A loro dico che Castellammare ha dimostrato di non dimenticare il gesto di Fabrizio. La città è dalla sua parte e chiede un gesto importante per Fabrizio. Vogliamo “via Fabrizio Quattrocchi”».
Aggiunge Sicignano: «Quattrocchi era in Iraq per svolgere servizi di scorta e fu rapito perché italiano. In quel momento tutti, al suo posto, avrebbero rinnegato la propria nazionalità, che gli stava provocando la morte. Fabrizio, invece, in questo importante momento, ha dimostrato il suo grande amore per il suo paese ed ai terroristi che lo uccidevano perché italiano lui rispose “vi faccio vedere come muore un italiano”». Erano presenti alla manifestazione ed hanno apposto la loro firma anche l’imprenditore antiracket Sergio Vigilante, che vive sottoscorta da cinque anni, ovvero quando ha denunciato i suoi aguzzini, il presidente dell’associazione “Sorriso” ed i consiglieri comunali del Pdl, Lorenzo Esposito ed Ida Scarpato, quest’ultima autenticherà le firme.

Le foto:






















sabato 25 aprile 2009

"Come muore un italiano"...la canzone

Domenica, raccolta di firme in villa comunale per dedicare una strada a Fabrizio Quattrocchi


Sicignano (Cdl): «personalmente, trovo giusto ricordarlo con una strada cittadina anche a Castellammare, così come si dovrebbe fare per tanti altri eroi del nostro paese che oggi non hanno ancora un giusto riconoscimenti civico».

CASTELLAMMARE DI STABIA. «Domenica 26 aprile 2009, dalle ore 11:00 alle 13:00, in villa comunale a Castellammare inizieremo una raccolta di firme per dedicare una strada di Castellammare all’eroe nazionale Fabrizio Quattrocchi» è quanto dichiara Massimiliano Zurlo, responsabile dei giovani del Circolo della Libertà stabiese.
«Quattrocchi – spiega Zurlo – all’atto della morte, avvenuta ad opera dei terroristi islamici, ebbe il coraggio di sfidare i terroristi pronunciando la seguente frase: “adesso vi faccio vedere come muore un italiano”. Per questo, il Capo dello Stato gli conferì la medaglia d’oro al valor civile ed oramai lui è un simbolo per l’”eccezionale coraggio ed esemplare amor di Patria, con cui affrontava la barbara esecuzione, tenendo alto il prestigio e l’onore del suo Paese”». Aggiunge Zurlo: «con questa petizione chiediamo che anche Castellammare dia il suo contributo per ricordare questo importante gesto di un uomo ucciso solo perché italiano. Pertanto faccio un appello affinché non siano alimentate le solite polemiche ideologiche. Ogni morte merita rispetto e quando avviene in nome dell’Italia, attraverso importanti gesti, merita di essere ricordata».
Concorde sul punto Antonio Sicignano, vicepresidente regionale dei Circoli della Libertà della Campania e presidente del Circolo stabiese. «Quattrocchi – spiega – era stato condannato a morte dai terroristi solo perché, in quel momento, serviva un morto italiano e, nonostante ciò, nel momento della morte, dimostrò un eccezionale attaccamento ai valori della patria, tenendo alto il prestigio del suo paese. I giovani non possono non ammirare un tale comportamento e, personalmente, trovo giusto ricordarlo con una strada cittadina anche a Castellammare, così come si dovrebbe fare per tanti altri eroi del nostro paese che oggi non hanno ancora un giusto riconoscimenti civico».

venerdì 24 aprile 2009

IN MEMORIA DI FABRIZIO QUATTROCCHI


di Francesco Storace

Facciamo parte di quel popolo che non dimentica.Cinque anni fa l’Italia intera – tranne qualche incredibile campione dell’ultrasinistra – piangeva la tragedia di Fabrizio Quattrocchi. “Ti faccio vedere come muore un italiano”, risuonò nei nostri cuori, orgogliosi di un connazionale che non ebbe paura.Su Facebook abbiamo trovato queste bellissime frasi in sua memoria: ve le riproponiamo.
Due ombre di lato, una buca nella roccia, le mani legate, un bavaglio sul viso, le ginocchia che toccano terra.Chissà come avresti reagito tu in quella situazione. Chissà chi altri avrebbe trovato la forza e l’orgoglio necessari per non svenire, per rimanere lucido e trovare un senso ad un’esecuzione barbara, fanatica e senza senso.Prova a chiedertelo. Prova a chiederti se avresti avuto il coraggio di aggrapparti ad un ideale, ad una bandiera, a un amore.Fabrizio Quattrocchi, il ‘mercenario’ dipinto dai nemici della Patria c’è riuscito. E’ morto da eroe perché è così che muore chi crede sul serio in qualcosa. Chi saluta con la morte l’onore di una Patria perduta. Chi saluta con la morte negli occhi coperti la propria vita, insegnando alla forte e radicale civiltà islamica che anche un italiano può morire con dignità e coraggio.
Grazie Fabrizio, grazie perchè il tuo gesto, quella frase bellissima ha colmato il vuoto di decenni di stupidaggini ideologiche, di becera politica, di ruberie e oligarchie. La tua morte ci ha ribadito come deve essere un italiano, quali sono i giusti valori da portare nel cuore e con cui lottare fianco a fianco.Chi ti ha denigrato e sbeffeggiato è la stessa carogna che giustiziava i gloriosi combattenti dell’Onore e della Fedeltà con la ferocia e la viltà di chi voleva svendere la propria terra agli invasori. Oggi come allora bisogna vivere e morire con la Patria nel cuore, con quel sogno immenso che è la conservazione e lo sviluppo infinito di valori eterni che illuminarono i nostri cieli di albe gloriose. Oggi come allora possiamo affacciarci sereni ed orgogliosi dinanzi al nostro plotone d’esecuzione, con la gioia di chi ha compreso la giustezza e lo splendore di un’Idea antica e immortale.Possiamo sorridere dentro gli occhi dei nostri carnefici con un solo rimpianto, quello di aver fatto troppo poco per la Nostra Terra e salutare la nostra morte con un profondo, dignitoso, irriverente: ‘Viva l’Italia!’


Tratto da www.storace.it

Graziella Quattrocchi, sorella di Fabrizio, risponde alla giornalista del «manifesto»


Tratto da www.il Giornale.it n. 98 del 2009-04-24 pagina 13


Graziella Quattrocchi, sorella di Fabrizio, risponde alla giornalista del «manifesto» che aveva detto: «Ciampi non doveva dare la medaglia a un mercenario» «Anche la Sgrena è andata in Irak per soldi»

Genova «Non mi interessa». Graziella Quattrocchi non si scompone. Giuliana Sgrena ha attaccato il presidente Ciampi per la medaglia d’oro concessa alla memoria del fratello Fabrizio, il bodyguard ucciso in Irak, ma Graziella non fa una piega: «Non voglio dibattere con lei», si limita a ribadire, senza mai nominare la giornalista del manifesto rapita dai guerriglieri e liberata con il sacrificio di Nicola Calipari. Non vorrebbe andare oltre perché la polemica è sterile, tutta ideologica, probabilmente dettata anche dal livore per una decisione che ha ridicolizzato tutte le cattiverie sparse sulla memoria di Quattrocchi. «Mi pare che il presidente Ciampi abbia già risposto più che a sufficienza con i fatti a tutte queste cose - aggiunge Graziella -. Cosa dovremmo fare noi? Metterci a ribattere a tutte queste affermazioni? Diventerebbe una storia infinita».Vorrebbe chiuderla qui, la sorella di Fabrizio. Ma le parole della Sgrena sono troppo gravi per non meritare almeno qualche domanda più insistente. Perché la giornalista tornata sana e salva a casa grazie all’eroismo di un poliziotto di quei servizi segreti tanto vituperati dalla sinistra, ha attaccato Ciampi proprio per aver onorato «un mercenario, perché Quattrocchi non era in Irak per motivi particolarmente nobili: era un mercenario. Era andato là per soldi».Alla fine Graziella Quattrocchi non ce la fa più e risponde all’accusa più infamante, quella che buona parte della sinistra ha in qualche caso solo fatto finta di mettere da parte, ma che ritorna a ogni occasione utile. «D’accordo, mio fratello era lì per lavorare, certo - si sfoga brevemente la sorella -. Faceva il suo lavoro e per questo veniva pagato. E allora? Ma quella signora cosa faceva in Irak? Non era forse lì anche lei per lavorare? Non guadagnava anche lei dei soldi? Credo piuttosto che voglia solo fare pubblicità al suo nuovo libro». La definizione di «mercenario» viene insomma rispedita direttamente al mittente. Se lavorare in un Paese dove c’è la guerra significa essere mercenari, il bodyguard non era certo l’unico a farlo. E non dev’essere un caso se le accuse della Sgrena a Quattrocchi, cioè a un cittadino italiano che lavorava in Irak proprio come lei, siano arrivate durante la presentazione del libro «Fuoco amico», scritto dalla stessa giornalista appena rientrata in Italia e diventata una celebrità proprio grazie al suo rapimento e alla sua liberazione durante la quale ha perso la vita un altro italiano che era in Irak per fare il proprio dovere di lavoratore. E al quale infatti Ciampi ha riconosciuto la stessa medaglia d’oro alla memoria.Neppure il gesto del presidente della Repubblica, che ha messo a tacere le malelingue riconoscendo l’eroismo e l’amor patrio di chi ha sfidato i suoi carnefici gridando: «Vi faccio vedere come muore un italiano», smorza le polemiche. Proprio quelle che la sorella della guardia del corpo genovese uccisa dai terroristi non riesce a capire: «Non so dove si voglia arrivare con queste continue accuse - prova a chiudere il discorso -. E soprattutto non capisco a cosa servano certe affermazioni. Per questo vorrei evitare questo dibattito».Anche quando il Quirinale aveva concesso la medaglia d’oro al valor civile a Fabrizio Quattrocchi la famiglia del bodyguard ucciso aveva cercato di sottolineare soprattutto i motivi di soddisfazione evitando le polemiche. Nei confronti del Comune di Genova, che aveva rifiutato l’intitolazione di una via al fratello, Graziella Quattrocchi non aveva voluto riservare attacchi. Anzi, aveva persino lasciato aperta la porta a un gesto di riconciliazione. Sempre da Genova invece vuole rispondere alle dichiarazioni della giornalista del manifesto anche Alfredo Biondi, vicepresidente della Camera: «Dalla “compagna” Sgrena non mi aspetto nulla. Ma dalla giornalista Sgrena mi aspetto maggiore rispetto: ogni morte, che sia quella di Calipari per salvare lei o quella di Quattrocchi, merita maggiore rispetto