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giovedì 8 ottobre 2009

Pecorella: "Hanno smentito se stessi, decisione incomprensibile"


Roma «La Corte costituzionale ha smentito se stessa». Stanchissimo, parla a fatica Gaetano Pecorella. Per lungo tempo era stato l’ombra del premier nell’interminabile sequenza dei processi milanesi. Poi aveva lasciato il palcoscenico a Niccolò Ghedini. È tornato per puntellare il Lodo Alfano alla Consulta, ci ha messo la faccia, rientra a casa con i cocci della legge. Il giorno non è dei più felici e lui non nasconde la delusione: «Sono amareggiato, non capisco».
Che cosa, professor Pecorella? «Nel 2004, in sostanza, la Consulta ci aveva detto: correggete il Lodo Schifani».
La Corte costituzionale aveva bocciato il Lodo Schifani. «Sì, d’accordo, ma aveva fissato dei paletti, indicando un percorso. E quella strada non passava attraverso una legge costituzionale. La Consulta ci aveva suggerito di modificare la legge ordinaria, non di cambiare strumento e fare ricorso a una legge costituzionale».
Quindi? «Sono perplesso. Molto perplesso. Delle due l’una: o la Consulta aveva torto allora e ragione adesso, o aveva ragione allora e torto ora. Non se ne esce. Oltretutto i giudici sono più o meno gli stessi. Questo verdetto, e lo dico ancor prima di leggerlo, è incomprensibile».
Si aspettava una doppia bocciatura? «Per niente. Fra l’altro nell’udienza di martedì i giudici mi erano sembrati attenti, ricettivi, disponibili».
È caduta la sua tesi del premier primus super pares? «Questo secondo punto, relativo alla violazione del principio di uguaglianza, diventa marginale. Anzi, ininfluente. Leggerò, ma il problema mi pare superato».
Se vorrà tornare sul punto, il Parlamento dovrà varare una legge costituzionale? «Esatto. La sentenza è tassativa. E aggiungo che abbiamo tutti perso tempo».
Tutti chi? Il Parlamento? «Certo. Il Parlamento ha riscritto la norma tenendo conto delle osservazioni della Consulta e ora la Corte ci dice che bisogna procedere in altro modo. Non con legge ordinaria, ma costituzionale. Mi chiedo: perché, nel 2004, non ha fatto un cenno, anche solo un cenno, in questa direzione?».
Napolitano? «Anche lui, come il Parlamento, ha lavorato per nulla. Aveva promulgato il Lodo Alfano dopo aver studiato il verdetto della Corte costituzionale sul Lodo Schifani. Non è servito. E voglio sgombrare il campo da un altro equivoco: il Lodo non garantiva al premier l’immunità. L’immunità è ben altra cosa».
Che cosa ha detto a Berlusconi? «Non l’ho sentito. Lui continuerà a governare, anche se i processi presto ricominceranno. Certo, governare diventerà più difficile e per Berlusconi sarà quasi impossibile, con tutti gli impegni a cui è sottoposto, difendersi».
Il premier afferma che sottrarrà un po’ di tempo alla cosa pubblica per smontare in aula le accuse false. «Quando Berlusconi è andato in tribunale, al processo Sme, ha dimostrato che il capo d’imputazione non stava in piedi. E infatti è stato assolto. Credo che ora accadrà la stessa cosa, ma la difesa porterà via tempo, energie, serenità. Non solo a lui, ma a tutto il Paese».


Tratto da: Il Giornale.it - giovedì 08 ottobre 2009, 09:25

1 commento:

lotarino ha detto...

La Repubblica sbatte in prima pagina la colpevolezza di Berlusconi ancor prima che la corte lo giudichi colpevole, potrebbe essere solo il tentativo di spostare l’attenzione dal caso Marrazzo, visto che viviamo in Italia dove si è innocenti fino a prova contraria….
http://www.loccidentale.it/articolo/berlusconi+viene+processato+in+piazza+prima+che+i+rpocedimenti+a+suo+carico+inizino.0080921
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