Basta
leggere la storia di don Pino Puglisi per comprendere che il suo esempio
rappresenta indubbiamente la prova più evidente che – al di là delle polemiche
spesso sollevate sul punto – giammai può esserci (e giammai c’è) – a
Castellammare come altrove - una commistione tra la Chiesa e le organizzazioni
criminali.
E
dico ciò non tanto perché è oramai un dato indubitabile che una parte
consistente delle vittime della mafia è purtroppo costituita dai sacerdoti: tutti
uccisi perché davano fastidio per il loro impegno sociale, per la loro voglia
di cittadinanza attiva e per la loro necessità di affermare il predominio della
vita sulla morte. Dico
ciò, perché la storia di don Pino Pugliesi ha un qualcosa di più!
Ed
infatti, il suo esempio rileva perché - come affermato anche dal cardinale
Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi - don Pugliesi “ è stato ucciso in quanto sacerdote, non perché immerso in attività
socio-politiche particolari. Ucciso in quanto predicava la dottrina cristiana
ed educava i giovani a vivere con coerenza il loro battesimo. Non per altro.
Non andava contro nessuno”
Di
conseguenza l’esempio di don Pino Pugliesi rileva per essere la sua storia una
evidente “causa di martirio”, perché don Puglisi “è stato ucciso in odium
fidei”.
Non
a caso, infatti, secondo il cardinale Amato: “l’odio verso don Puglisi era determinato semplicemente dal fatto che
si trattava di un sacerdote che educava i giovani alla vita buona del Vangelo.
Dunque sottraeva le nuove generazioni alla nefasta influenza della malavita. È
il primo sacerdote ucciso dalla mafia le cui virtù vengono riconosciute. Pur in
un contesto nuovo, anche in don Puglisi – conclude il cardinale – si verifica
il concetto tradizionale di martirio e cioè, appunto, un battezzato ucciso in odio
alla fede”
Per
questo motivo, essendo la storia di don Pino Pugliesi l’esempio evidente
dell’impossibilità di concepire commissioni di sorta - né a Castellammare, né altrove – tra Chiesa e
camorra, in un momento difficile per la nostra città, lancio un appello
affinché la cittadinanza intera in occasione del XIX anniversario
dell’uccisione di don Pino Pugliesi ricordi la storia del parroco palermitano
di Brancaccio.
Ciò,
potrebbe essere fatto istituendo una borsa di studio, da conferire allo
studente stabiese che, nel corso di una giornata dedicata al ricordo del
parroco ucciso dalla mafia, meglio avrà elaborato la ratio del suo esempio.
Ebbene,
questa è la nostra proposta, ovvero l’ulteriore proposta di chi ritiene che
anche con queste cose si combatte la mentalità mafiosa che uccide la nostra
terra. Spero qualcuno recepisca il messaggio!
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