Finisce di complicarsi la vicenda
dei due marò italiani reclusi in india ed accusati dalla giustizia indiana dell’omicidio
di due pescatori. Dopo il rientro in Italia e le rassicurazioni fornite all’opinione
pubblica dal Ministro Terzi, circa l’impossibilità di applicare ai soldati
italiani la pena di morte, dalle Autorità Indiane arrivano notizie diverse. Il
ministro della Giustizia indiano Ashwani Kumar, ha ribadito che il governo
indiano non ha fornito «nessuna garanzia» a Roma in merito alla sentenza che
verrà pronunciata dal tribunale speciale ordinato dalla Corte suprema di Delhi.
«Non c'è stato nessun accordo, nè ci sono state garanzie» nei colloqui fra
India e Italia. Lo ha dichiarato il ministro degli Esteri indiano, Salman
Khurshid, chiarendo però che il caso che coinvolge i marò italiani «non è di
quelli che implica in India l'applicazione della pena di morte». Bene, il
momento è drammatico. E non può essere altrimenti dopo aver visto un governo
che, prima decide di accusare l'India di violare il diritto internazionale,
impedendo di processare Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, e poi dopo una
settimana fa retromarcia. Aspettiamo, quindi, l'evolversi degli eventi, con il cuore in gola. Tuttavia, l’unica consolazione, che in questo tragico momento
possiamo trarre, è rappresentata dall’esempio dimostrato da Massimiliano Latorre
e Salvatore Girone. Il governo italiano li ha sostanzialmente abbandonati al loro
destino, in India rischiano la pena di morte, eppure non hanno mosso un dito
quando gli è stato ordinato di ritornare a Delhi. «Siamo militari, noi andiamo
avanti e andremo avanti» avrebbero detto – secondo alcuni quotidiani- mentre
erano in volo verso l'India. Bene, grazie a Latorre e grazie a Girone! Grazie a voi, che ci ricordate che ha ancora un senso sentirsi italiani. Ciò mentre il Governo si sottomette all'India e manda allo sbaraglio due suoi valorosi soldati. Diceva Pindaro, nel VI-V sec. a.e.c., “Il valore
di un uomo si misura alla prova dei fatti”. info@circolidellalegalita.it
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